INAPPLICABILITA' DELLA DECADENZA DALLE AGEVOLAZIONI FISCALI “PRIMA CASA” IN CASO DI TRASFERIMENTO DELL'ABITAZIONE IN ESECUZIONE DI ACCORDI DI SEPARAZIONE.
Il trasferimento di un immobile in esecuzione di accordi di separazione dei coniugi non si considera quale cessione dello stesso e dunque non rientra nella fattispecie che determina la decadenza dalle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa, ottenute in sede di acquisto della stessa da parte del coniuge acquirente, né l'obbligo di successivo acquisto entro l'anno dal trasferimento, di un immobile da adibire a prima casa affinché possa continuare a beneficiare dell'agevolazione.
La mancata revoca dell'agevolazione c.d. prima casa dipende dal fatto che il trasferimento in esecuzione di accordi di separazione non deve essere considerato quale decisione autonoma proveniente dal coniuge contraente, bensì un atto meramente esecutivo di un provvedimento giudiziale, l' omologa della separazione. Detto trasferimento non corrisponde ad una alienazione in quanto volto a stabilizzare gli effetti della separazione. Non è caratterizzato da un corrispettivo al pari della vendita e neppure rientra nello schema donativo in quanto la sua causa è stata definita quale causa familiare volta a definire i rapporti tra i coniugi, patrimoniali ma anche e soprattutto personali. L'assenza di un corrispettivo porta a ritenere che il trasferimento in esecuzione di accordi di separazione coniugale dell'abitazione, acquistata dal coniuge trasferente con le agevolazioni prima casa, non debba essere considerato quale alienazione che determinerebbe la revoca e la decadenza dalle “agevolazioni prima casa” in quanto detto coniuge non otterrebbe, in sede di esecuzione degli accordi di separazione, neanche quel corrispettivo idoneo al reimpiego per l'acquisto di un altro immobile da adibire a prima casa entro l'anno, come richiesto dalla normativa fiscale per non incorrere nella revoca del beneficio.
La Cassazione con sentenza n. 16 marzo 2016, n. 5156 esprimendosi nel merito della questione ha per l'appunto sostenuto che la fattispecie traslativa che rientra nell’ambito di accordi della crisi coniugale resta al di fuori delle fattispecie delineate dall’art. 1, nota 2- bis, Tariffa, Parte 1, n. 4, T.U.R. che determinano la revoca del beneficio, in quanto detti trasferimenti, correlati a giudizi di separazione e divorzio, presentano un' utilità sociale che deriva della natura stessa dei conflitti, personali prima ancora che patrimoniali, che detti atti sono destinati a dirimere e che meritano dunque, in quanto atti “non speculativi”, di un peculiare regime fiscale agevolato.
Diversamente la decadenza del beneficio sarebbe penalizzante nei confronti del coniuge cedente, il quale, oltre a privarsi dell’abitazione, sarebbe esposto al pagamento di maggiori imposte e potrebbe, non avendo percepito alcunché, non essere in grado di riacquistare un altro alloggio entro il termine legale di un anno, con la conseguenza di ostacolare, piuttosto che favorire, la composizione dei rapporti familiari in crisi, meritevoli di tutela.